My soul is painted like the wings of butterflies...

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‎"Il minimo battito d'ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo..."

Ci sono due modi di vivere la tua vita.

Una e' pensare che niente e' un miracolo.

L'altra e' pensare che ogni cosa e' un miracolo.

Albert Eisten

Informazioni personali

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Nata il 13/o8/87 a Catania. Vivo con la mia famiglia a Riposto...dove ho sempre vissuto. Del mio paese cosa amo?Il mare e la voglia di sentirsi grande, anche nella sua piccolezza. Cosa non mi piace? La spazzatura e la mafia.E l'idea di rimanere attaccata ad un paesino di provincia che non presenta così tante opportunità.

lunedì 23 marzo 2009

CELLULE STAMINALI: in Italia ci sarà mai una svolta?

«Bravo Obama. È una bella notizia. Sono da sempre favorevole alla ricerca sulle staminali embrionali per le loro enormi potenzialità e sono a favore della libertà di ricerca. L’auspicio è che anche da noi ci sia una svolta, a vantaggio della libertà di ricerca e quindi in definitiva della salute di tutti noi. Una scelta di importanza prioritaria per il futuri dell’umanità». Con queste parole la senatrice a vita Rita Levi Montalcini, nel 1986 premio Nobel per la Medicina, ha commentato la decisione del presidente americano Barack Obama di sbloccare i limiti al finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, decisi nel 2001 e ribaditi nel 2007 dal suo predecessore George W. Bush.

Queste minuscole particelle possono farci curare alcune delle malattie più devastanti che conosciamo: possono rigenerare un midollo spinale e sollevare una persona da una sedia a rotelle; aumentare la produzione di insulina e liberare un bambino da una vita da iniezioni; curare il Parkinson, il cancro, le malattie di cuore, la Sclerosi Multipla, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, l’Atassia, la Distrofia muscolare e determinate malattie della vista.

L’annuncio del presidente americano non poteva che suscitare polemiche. In America come nel resto del mondo. Da anni, infatti, questa ricerca divide le coscienze di scienziati, politici e l’opinione pubblica. Il timore? Che in futuro si possa arrivare alla clonazione di organi, tessuti e ancor peggio di individui, nonché alla creazioni di bambini “su misura”. Ma il problema non è solo questo: estrarre le cellule staminali da un embrione comporta la distruzione dell’embrione stesso, quindi, secondo molti, di un essere umano.

Il presidente Obama, però, ha rassicurato i più preoccupati affermando che la ricerca sarà consentita solo sulle colonie staminali già esistenti e ha messo bene in chiaro la sua posizione nei confronti della clonazione ribadendo il suo secco no. «Ci accerteremo che il nostro governo non apra mai le porte alla clonazione per la riproduzione umana. È pericoloso, profondamente sbagliato e non ha posto nella nostra società o in nessuna società da persona di fede. Credo che siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri e a lavorare per alleviare la sofferenza umana ».

Il sogno di Obama? Eliminare dal vocabolario la parola “incurabile”. Un sogno che qui in Italia è perennemente soppresso. Prima di tutto dall’opinione della Chiesa, che nell’ipocrita filosofia dei politici italiani ha molta influenza. «Incoraggia la distruzione di vite umane innocenti. Una triste vittoria della politica sulla scienza e l’etica». Decisa oppositrice della ricerca sulle embrionali, la Chiesa è però favorevole su quella delle staminali adulte, che purtroppo non hanno la stessa utilità.

CHE COSA SONO E COME AGISCONO

Le staminali sono cellule che si trovano nell’embrione umano e che non si sono ancora specializzate in una particolare funzione. Se vengono prelevate e messe in contatto, attraverso una semplice iniezione, con un determinato organo o tessuto malato, si specializzano immediatamente all’interno di quel tessuto o organo, andando a sostituire al suo interno le parti malate.

Le staminali possono diventare pelle, sangue, organi. Costituiscono insomma una “riserva” pronta a entrare in azione in caso di danni e lesioni. Hanno la capacità di riprodursi molte volte dando origine a cellule identiche a se stesse con le quali vanno a sostituire quelle danneggiate o usurate. Le staminali utili per curare una grande

quantità di gravi patologie sono presenti solo negli embrioni fino a una settimana di vita.

Le staminali prelevate da un organismo adulto, invece, non hanno la stessa utilità. Per esempio: se si prelevano cellule staminali mature dal sangue di un adulto, queste saranno in grado di generare esclusivamente sangue e non altri tessuti, proprio perché si sono già specializzate in quell’unica funzione.

DOVE SI USANO E COME VENGONO USATE

L’italiano Gianni Demarin è uno dei tre responsabili di Beike Europe, l’organizzazione che ha sede in Sizzera e che ha come scopo quello di fornire assistenza a chi vuole partire per la Cina e la Thailandia per sottoporsi a un trattamento a base di cellule staminali negli ospedali della Beike, un’azienda biotecnologica fondata con capitali degli Atenei di Pechino, di Hong Kong e dal municipio di Shenzen.

Il trattamento si basa sulla pratica di alcune iniezioni di staminali e viene accompagnato da un programma riabilitativo completo e da agopuntura.

Il costo? Ecco un altro tasto dolente. Un trattamento base ha il costo di 24 mila euro, ma quello completo, che comprende 6 iniezioni, ha il costo di 32 mila euro.

Non ci sono controindicazioni, se non qualche leggero mal di testa o un po’ di febbre, oltre allo stress del viaggio.

Ma le staminali funzionano sempre? Gianni Demarin ha risposto così: «nella scienza non esistono miracoli e quindi non diamo false illusioni. D’altra parte le cellule staminali somministrate dalla Beike, da cordoni ombelicali donati da neomamme stanno già facendo migliorare molti malati di patologie neurodegenerative come la Sclerosi Multipla, l’Atassia, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, la Distrofia Muscolare oltre alle lesioni spinali e determinate malattie della vista».





http://www.youtube.com/watch?v=GeK1Ue6Ws78

domenica 22 marzo 2009

Basta con i silenzi complici!


Voglia di sicurezza: ecco il nuovo decreto anti-stupri.

6.743.000 sono le donne tra i 16 e i 70 anni che sono state vittime di violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita. basta con i silenzi!

Forse, oggi, il governo comincia a muovere i primi passi per difendere la donna da queste violenze. Al via le ronde e l’ergastolo. Stop ai domiciliari e ad altri benefici.

Dopo la serie di stupri verificatosi a Roma, Bologna , Milano e Guidonia ecco che il governo manda un segnale, sotto il profilo della prevenzione e della sicurezza: un decreto legge anti-stupri approvato venerdì 20 febbraio.

Il nuovo decreto è composto almeno da una dozzina di articoli. Essi prevedono l’ergastolo se alla violenza sessuale segue la morte della vittima, se il fatto è commesso ai danni di minori di 16 anni, in ambito famigliare e professionale; la custodia cautelare e quindi l’esclusione dai domiciliari e da altri benefici per chi è accusato di violenza sessuale; l’estensione fino a sei mesi del periodo di massima permanenza dei clandestini accusati di tale reato (prima era di due massimo); viene introdotto il nuovo delitto dello stalking, ossia gli atti persecutori allo scopo di sanzionare le minacce e le molestie reiterate che potrebbero degenerare in violenza sessuale o omicidio: reato che verrà punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni; la previsione di un incremento numerico delle forze di polizia con il rinvio ad un successivo decreto ministeriale per l’assunzione in organico di altri 1.800-2.000 operatori delle forze dell’ordine cioè l’eventuale utilizzo di cittadini iscritti ad apposite associazioni, rigorosamente non armati e, soprattutto, attivati e coordinati dai comitati provinciali dell’ordine pubblico, dai prefetti e dai sindaci; previsto anche il patrocinio gratuito per assicurare un’adeguata assistenza legale alle vittime di stupro.

Questi i punti principale che hanno maggiormente fatto discutere, in primis la Chiesa che non concorda con il penultimo punto sopra citato:“è bene dare ai cittadini la possibilità di dare un contributo ad aumentare la sicurezza delle loro città, ma se questo serve ad alimentare un clima di

criminalizzazione dei migranti, certamente questo non trova il consenso della Chiesa”. Queste le parole del segretario del pontificio consiglio dei Migranti, monsignor Agostino Marchetto.

Le donne, forse, hanno tirato un sospiro di sollievo, forse si sentono ancora sfiduciose e prima di apri bocca vogliono stare a vedere. In fondo come possono fidarsi di un governo così buonista che ha permesso, fino alla scorsa settimana, i domiciliari a un uomo –se così si può definire- accusato di violenze sessuale? Certo, meglio tardi che mai, ma è anche vero che per darsi una mossa hanno dovuto aspettare che l’Italia si trovasse sull’onda dell’indignazione generale. Come sempre! Ne è un esempio il reato dello stalking che in America esiste già da 15 anni.

Le violenze di cui abbiamo tanto sentito parlare in questi giorno riguardano ragazze di città lontane dal nostro paese, dalla nostra Sicilia. Ma questa realtà così aberrante non si misura in kilometri ed è quanto più vicina a noi. Non dobbiamo chiudere gli occhi. Non dobbiamo dimenticare che ci sono state violenze anche da noi. Fisiche, sessuali, psicologiche. E chi commette questo crimine deve pagare come merita. Che sia uno straniero o un italiano. Che sia un minorenne o un maggiorenne.

Adesso devono finire queste contraddizioni che dominano il mondo. Siamo nel 2009, i progressi tecnologici aumentano, ci sentiamo tutti più innovativi e moderni, ma intanto si è dovuti arrivare a questo punto. È inaccettabile che, ai nostri tempi, una donna non possa camminare per strada in totale tranquillità. Un fischio ci scappa sempre.

Basta con queste umiliazioni. Ogni donna merita un sorriso e lo merita ogni giorno. In ogni angolo del mondo.

Laurea? No grazie, vivo al Sud.



Ricchezza culturale e opportunità di lavoro. Ecco le motivazioni principali per cui gran parte dei maturandi decidono di affrontare il percorso universitario. Il problema è che molti dei roboanti titoli dei corsi di laurea, presentandosi dapprima belli e accattivanti, non sempre mantengono ciò che promettono.

Il verdetto dell’ultima indagine Istat sull’occupazione dei laureati è molto chiaro: anche i neodottori sono rimasti fedeli alla precarizzazione del lavoro giovanile, presente in tutta Italia. Il 74% di essi trovano lavoro, ma la percentuale cade sensibilmente se ci si riferisce alla quota di occupati in lavori continuativi, oggi, infatti, siamo al 56% contro il 63,2% del 2001. Le percentuali, poi, scendono ancora di più quando devono indicare il numero dei laureati catanesi: il Consorzio Interuniversitario Alma Laurea, in un rapporto del 2008 che raccoglie fonti di ricerche effettuate nel 2002, 2004 e 2006, indica che il 38,5% dei neolaureati catanesi lavorano, mentre il 71% continuano gli studi. «La principale motivazione all’origine della prosecuzione degli studi con la specialistica è data dalla volontà di arricchire la propria formazione (62%), mentre 32 laureati su cento hanno sentito questa come una scelta “quasi obbligata” per accedere al mondo del lavoro.»

È facile arrivare a una conclusione: il divario Nord- Sud è sempre più evidente, basti pensare che nelle regioni Centro-meridionali a cercare un’occupazione è il 25,4% dei giovani laureati contro appena il 5,9% delle regioni settentrionali.

Lo stesso rettore dell’università di Catania, Antonino Recca, ha spiegato che gli studenti «scontano in partenza la difficile situazione socio-economica delle regioni del Mezzogiorno, per questo si evidenzia anche il dato dell’altissimo numero di laureati triennali che proseguono il loro percorso con la laurea specialistica.»

Un altro dato che emerge forte e chiaro dalla ricerca Istat è che, nonostante la progressiva femminilizzazione del mercato occupazionale, raggiungere un lavoro stabile per le donne è ancora molto difficile (62,2% degli uomini contro il 51,8% delle donne), malgrado siano proprio loro a laurearsi di più, prima e con votazioni migliori.

Ma qual è il tipo di laurea che, nel mondo del lavoro, è più ricercato? A vincere la gara di competitività è la laurea in ingegneria; se ci riferiamo ai singoli corsi parliamo dell’88,7% degli ingegneri gestionali e l’87,5% degli ingegneri delle telecomunicazioni.

La brillante laurea in ingegneria è seguita da quella del gruppo chimico-farmaceutico con il 72,7% e da quella del gruppo economico-statistico con il 68,2%. A sorprendere è stata la laurea di scienze della comunicazione, tanto bistrattata quanto, evidentemente, frequentata; infatti il 73,7% dei suoi laureati trova lavoro, anche se questo dato non riguarda l’ambito lavorativo catanese di questa laurea.

A quanto pare qualcosa è cambiato: mentre un tempo era il settore giurista che “apriva tutte le porte”, oggi i laureati in giurisprudenza che trovano un lavoro continuativo sono solo il 41,7%. Accanto ai giuristi ci sono i laureati del gruppo letterario (46,2%), che però, già preparato alla difficile situazione, trova soluzioni con occupazioni alternative.

La situazione è molto trasparente quanto triste e difficile per i giovani di oggi, soprattutto se siciliani o calabresi. O si accontentano o emigrano. E se i numeri non riescono a destare preoccupazione, la situazione concreta dovrebbe riuscirci.

Bisogna ammettere, poi, che in certi ambiti lavorativi la pratica è più apprezzata e accettata. Ma la nostra società ha fame di cultura, dimenticando che senza la pratica la cultura non ha lo stesso valore e la stessa efficacia.

Cosa bisogna fare, quindi, davanti a questa difficile situazione? Sicuramente tutti i sogni hanno diritto di vivere, ma non si può rimanere aggrappati solo a questi: interessi, attitudini, conoscenza e domanda di lavoro sono gli ingredienti per un ottimo cocktail che, se fatto bene, può aiutare a perder meno tempo a costruire un futuro.